"SORBO '80"

I ROMANI

Origini, ascendenze romane? Direi di sì, se ci limitiamo esclusivamente a Sorbo. E non sembri strano. La Marsica non ha niente di romano; una volta tanto ha ragione Ignazio Silone (che di queste cose non se ne intende), quando fa dire a un suo personaggio in Vino e pane: “…neppure ai tempi di Roma esisteva qui un’influenza romana. La religione, la lingua, l’alfabeto, i costumi, la razza erano diversi dai latini”. E’ vero. Rimandando altrove la questione degli Equi (o Equicoli, o Equicolani), che erano piantati proprio nel cuore dell’attuale Marsica, ma arrivavano fin verso i Peligni, i Volsci, i Sanniti e i Bruzzii (mescolate voi a piacere tra Molise, Campania e Puglia: siete sempre nei termini) i Marsi erano cosa diversa. Intanto mai si parla di una Marsica, ma sempre dei Marsi, cioè non di una zona etnica, ma di un popolo, di una gens.

E trovo stupendo che – il vescovo continui ad essere non di Avezzano o, peggio, di una inaccettabile Marsica, ma dei Marsi, cioè di tutto un popolo variegato e composito, che non può essere ristretto e compreso nei limiti territoriali di una Diocesi; simile, in ciò, al Re dei Belgi (e non del Belgio) e al Re degli Elleni (e non della Grecia), a causa, appunto, della diversa origine e delle diverse tradizioni dei popoli, delle genti che formano quelle nazioni.

(Notiamo, correndo, che Marsica sta ai Marsi come sardegnolo al sardo; storicamente esatto – e bello a sentire – troviamo quindi: Magliano, Luco, Cappelle, Lecce, Marano dei Marsi ma non altrettanto piacevole una non antica Scurcola Marsicana).

Al di là della leggenda e dello spiegabile orgoglio regionale, i Marsi non si integrarono mai effettivamente negli usi, nei costumi, nella civiltà di Roma: li subirono, ribellandosi di tanto in tanto, fino alla distruzione totale delle loro città; che poi Roma le ricostruisse (più gloriose e più belle che prima, diceva Petrolini), rientrava nella tradizione e nell’ordinaria amministrazione.

In questo i romani, non si facevano guardare dietro; spaccavano tutto, ma rifacevano tutto moltiplicando per dieci; paesi di cui non doveva fregargliene un tubo, erano all’improvviso coperti di marmi, templi, colonne, teatri, piscine, strade. E non sempre per interessi politici o militari, ma solo perché l’opera di civilizzazione, loro la concepivano proprio così.

Per Sorbo il discorso è diverso; di sicura origine Marsa, qualche sparuto abitante della zona (gravitante più intorno a Tagliacozzo che alla inesistente Avezzano) , i romani li vide sul serio e non in veste di nemici, ma in quella più mite di coloni, di corrieri, di reduci di guerra, di amministratori, di viandanti.

Gli strani, misteriosi usi e costumi dei Marsi (stregoneria, veleni, serpari , erboristi, guaritori, invasati), arrivando ai Piani Palentini, avevano perduto già molto, per confluenza – attraverso valle Roveto e il Liri – di altre civiltà.

Se si pensa poi che Carsoli (Carseoli), dopo la conquista romana di tutto il territorio degli Equi, fece parte della provincia Valeria e trasformata in colonia (4000 soldati con relative e numerose famiglie) proprio come difesa contro quei dannati Marsi; se immaginiamo il casino di traffico : legionari, staffette, carriaggi, prigionieri, sbandati e avventurieri, che doveva svolgersi lungo la via Valeria verso Cerfennia o Valeria (Collarmele). Alba Fucens (Albe) Marruvium (S. Benedetto dei Marsi) e Ostia Aterni (Pescara), e verso borgate, guarnigioni e accampamenti; se consideriamo che superato l’attuale Monte Bove e scesa a Tagliacozzo, questa gente (che sapeva bene quel che voleva) si guardò intorno e scoprì la bella e verde pianura palentina e, proseguendo, il miracolo azzurro del Lago di Fucino, è certo che, prima qualche staffetta in ricognizione , poi interi drappelli, infine ingegneri e schiavi dovettero arrivare nella Valle di Sorbo, com’è oggi definita nelle piante topografiche militari.

A fare che cosa? Anche in questo, i Romani la sapevano lunga. Il console Marco Valerio corvo, con la via che porta il suo nome, verso il 303 a.C. era arrivato fino a Tivoli, ma poi, per necessità economiche, politiche e militari, dovettero proseguirla. Il tracciato era quasi totalmente identico a quello dell’attuale Tiburtina-Valeria; ma le piene frequenti del Fucino (ecco la prima idea di prosciugarlo) e la necessità di realizzare una variante prevalentemante militare-strategica – che servisse anche ad evitare gli acquitrini intransitabili tra Tagliacozzo e Avezzano – indussero i Romani a tracciare la famosa variante ( vedi pianta topografica ) che passava per Sorbo.

Massimo Di Massimo


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