"SORBO '80"


Lettera dagli Inferi

QUEL 19 AGOSTO

U N ASTRO SI SPENSE NEL CIELO DI ROMA

A U G U S T O di TITO TITULEIO SUCCESSO

Miei cari posteri, pronipoti ed amici sorbesi, mi sforzerò di tradurre me stesso e le date che riguardano la mia vita terrena per farmi capire meglio, evitandovi sforzi di interpretazione e di calcolo.

Mi hanno chiesto, come dite oggi sui vostri Acta diurna (accidenti, ritorno al mio stile, scusate, volevo dire giornali), una testimonianza, cioè un racconto diretto della mia vita e dei miei rapporti con Sorbo e con le cose a me contemporanee e per voi antiche.

Non è il mio mestiere, sono un soldato, io, sia pure a riposo, un veterano e ho poca confidenza con la penna, ma farò del mio meglio per dire qualche cosa di concreto. Come posso rifiutare un piacere a chi oggi, nel clima dei festeggiamenti abituali, ha voluto includere anche le onoranze a me e a mia moglie?

Grazie per quanto avete fatto e soprattutto, come qualcuno di voi ha detto, per avermi chiamato «fondatore di Sorbo», è la pura verità, Sorbo è una creatura mia. Non immaginatelo come lo vedete oggi, questo no, ma il nucleo centrale da cui, poi è nato i l paese, s'è formato intorno alla mia casa, un po’ per comodità mia, ma anche perché i primi abitanti ci si trovarono bene e ne trassero un loro modesto modo di vivere.

Quanto al mio nome, è proprio quello che vedete scritto sul cenotafio, Tito Tituleio Successo, se quel Successus vi stupisce o vi fa pensare a un succeduto, subentrato ad altri, siete in errore, il mio cognome è proprio quello. Noi romani, in fatto di cognomi strani o buffi, eravamo come voi: non si contano nemmeno i Fiamma, i Corbulone, i Pollione, un Imperatore, per esempio, oltre a quello strano Cocceio,aveva la ridicola appendice di Nerva, spesso da un difetto fisico nasceva un cognome, oppure un nomignolo scherzoso usato in una circostanza, ti restava attaccato per tutta la vita.

Arrivai qui la prima volta, se ben ricordo, nell'anno che voi chiamate 5 dopo Cristo, che difficoltà per me, abituato, com'è logico, a calcolare gli anni della fondazione di Roma.

M'ero fatto tutte le guerre possibili, da professionista, ero Pretoriano dell'Imperatore e lo avevo seguito di qua e di la per il mondo. Si spostava come un demonio, correva, vinceva, dettava le leggi, tornava a Roma, riferiva al Senato, sempre in movimento, sempre giovanile e prestante.

Del resto pesava poco, era minuto e longilineo, di fattura greca, dicevamo noi soldatacci.

Ma come sapeva comandare, per Giove! Senza urlare come altri capi, senza minacciare, ma con uno sguardo di acciaio dolce che te la facevi sotto quando te lo sentivi addosso.

Se ho avuto confidenza con lui? Bisogna intendersi, voi, i vostri capi, li vedete in maniera diversa, in certi posti dove non potete nemmeno avvicinarli o parlargli, altrimenti pensano di perdere prestigio e autorità.

Noi Romani, invece, per un periodo eravamo quasi come voi e per un altro no. Mi spiego. L'Imperatore (intanto comincio a dire che Augusto fu il primo ad avere questo nome) prima di tutto era un soldato e doveva essere il più bravo, il più intelligente, il più combattivo, dico doveva perché altrimenti, se si ritirava, se tentennava, se aveva paura, lo facevamo subito fuori noi soldati, sul posto. E se non lo facevamo noi, ci pensava poi il Senato, a Roma, a farlo ammazzare secondo la legge.

Quindi, quando faceva il soldato (cioè quasi sempre) era in mezzo a noi, ricordava i nomi dei centurioni, parlava coi legionari, ci premiava o ci faceva scannare, ma sempre con giustizia. E quello era il periodo della confidenza. Aveva la sua tenda (il suo padiglione), lo stato maggiore, servitori, qualche comodità, ma, in fondo, viveva come noi.

Quando tornava a Roma, ai suoi Palazzi, allora era anche

l' Imperatore del popolo, doveva fare le leggi, discuterle al Senato, presenziare alle cerimonie.

In questo caso, non è che potevamo andare da lui quando volevamo e parlargli in confidenza, ma vi rendete conto di chi era l' Imperatore e che Imperatore era Augusto?

Vinse sempre, ebbe tutti gli onori che un uomo può aspettarsi dalla vita e anche un po'di più. Se adesso mi mettessi a scrivere i titoli e le cariche di Augusto, nemmeno me li ricorderei bene. Immaginate che a quel lungo nome (si dice Augusto e basta la parola, ma tutto intero si chiamava Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto), dicevo a quella sfilza di nomi bisognava aggiungere tra l'altro: Imperatore, Principe, Censore, Prefetto dell' Annona, Console a vita. Padre della Patria, Divino, Pontefice Massimo.

Ma quando si è uomini come lui tutti questi titoli ti sembrano meschini e se lo chiami solo Augusto dici molto di più.

Avevo fatto un sacco di guerre e i soldati, a Roma, diventavano veterani a quarant'anni; dopo una breve permanenza nella nostra colonia di Carsoli, nata proprio per i soldati, per dieci anni circa feci la spola fra Roma e Alba Funcense con vari incarichi militari e amministrativi.

Ero stanco di quella vita e chiesi di andare in congedo, il Console della mia legione mi voleva bene, non voleva privarsi della mia opera, ma era contro ogni regola tenere in servizio un soldato (sia pure Centurione come me) oltre un certe limite di età.

A Sorbo ero passato un sacco di volte, venendo da Carsoli, per andare ad Alba Fucense e ad Axantium, sotto Poggio Filippo, il posto mi piaceva, c'era acqua, alberi intorno e la vicinanza di Axantium (una piccola cittadina, quasi un centro residenziale) mi assicurava i contatti con il mondo.

Lo Stato mi assegnò la terra, come agli altri reduci, e me la feci dare qui a Sorbo. Cominciai a costruirmi la casa a Rivus Amnius, sì proprio a Via Rianni, come dite voi ! una casa modesta, intendiamoci : quattro stanze, un portichetto, tutto fatto in economia; altro che villa, come scrive il vostro Gattinara ! Non si può parlare di noi Romani e di una nostra casa, se non si pensa a una villa. Io ero un modesto soldato in congedo con qualche risparmio da parte e un po' di terra demaniale,non potevo permettermi tanti lussi. Come dicevo, il posto mi piaceva, e poi era abbastanza frequentato, a causa della Via Valeria che, in unavariante, passava di qui. La colonna miliaria era un punto di riferimento preciso, il grande sorbo che cresceva vicino casa diventò familiare, i viandanti dicevano: « Ci vediamo al quarto miglio », oppure: « T i aspetto al sorbe ». Pensai di sfruttare la situazione e misi su un localetto alla buona per ristoro dei passeggeri: due focacce, una minestra di farro , un po' di verdura, e un boccale di vino, prezzi modici, cucina familiare.

Già, dimenticavo Sestunia,

la sposai che ero già maturo. Era una bella locale di Axantium, fianchi gagliardi, petto come la pietra, insomma, lasciamo andare, questi sono fatti personali.

Mia moglie era una brava cuoca, ecco perché sul cenotafio feci scolpire la graticola, la padella, le anforette dell' olio e dell'aceto e — questo per tenerezza — le pianelle, le pantofole che portava a casa.

Qualcuno ci dava una mano in cucina, un paio di giovanotti pensavano alle pecore, ai maiali e alle tre vacche che avevamo. Anche loro si sistemarono qui intorno, prima in casupole provvisorie, capanne alla meglio, poi si fecero la loro casetta a un piano (una piccola camera e uno stanzino bastavano).

Cosi nacque Sorbo. Intorno alla mia casa, intorno al sorbo, intorno al punto fermo rappresentato dalla colonna miliaria . Quanto al mio cenotafio, è opera di uno scalpellino di Poggio Filippo, è modesto, ma non potevo permettermi di più. Una volta, a Roma, andai da un famoso marmorario, mi fece vedere un sarcofago alla moda etrusca, con le due figure dei coniugi adagiate sul coperchio, centoventimila sesterzi, neanche a parlarne, ci mostrò un'urna cineraria, un vero gioiello di finezza greca, ottantamila sesterzi!

Tornammo nella quiete di Sorbo e ripiegammo sul bravo scalpellino di Poggio Filippo. Come si nota dagli oggetti scolpiti, la povera Sestunia morì prima di me.

Ma oggi, che, ripeto, festeggiate anche me, sappiate che per me il 19 agosto è un giorno di dolore, nel 14 dopo Cristo, proprio il 19 agosto di 1965 anni fa, morì a Nola il mio Imperatore, l'idolo della mia vita, colui che allietò la mia giovinezza e illuminò la mia maturità, l'uomo per il quale avrei dato la vita come per la stessa Roma. La notizia mi raggiunse sei giorni dopo e fu un colpo tremendo.

Avevo 53 anni. A sessant' anni mi nominarono Seviro Augustale, accettai con entusiasmo, anche se le feste che dovevamo celebrare in memoria e onore dell'Imperatore erano tutte a carico dei sei Augustales . Ecco perché ho voluto che sulla pietra del mio cenotafio fosse ricordata la mia carica, avevo diritto anche a due fasci littori accanto al mio nome, ma non lì feci scolpire prevedendo che un giorno lontano — in osservanza della legge Sceiba — qualcuno li avrebbe fatti cancellare, confondendoli con gli altri.

Tito Tituleio Successo